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Una Dottrina Economica è meglio di una Dottrina Teologica

by Gianemilio Zincone

Correvano gli anni ‘70 del secolo scorso e chi scrive era allievo di belle speranze di un filosofo che sarebbe diventato famoso, Umberto Galimberti.
Il mio dieci in filosofia fu messo in discussione dalla interrogazione in cui definii il Marxismo una ideologia .
Galimberti si professava marxista (in effetti suo fratello Carlo era un bravo pittore di realismo socialista e chi scrive ama Aleksandr Deineka).
Alcuni compagni di scuola e amici erano rossi, come si diceva allora, la contiguità creava tentativi di convinzione del giovane liberale quale ero. Ovviamente falliti.
Eravamo turbolenti, anni di pallottole e spranghe, l’indimenticato amico Luca Hasda’ fu scaraventato giù dallo scalone del suo liceo milanese.

Alcuni amici erano, se si può dire, propensi agli errori e tra loro ci fu chi in nome del marxismo fu in qualche maniera vicino ai gruppi marxisti palestinesi.
Tra l’altro un Mischling, come si sarebbe detto ai tempi del caporale austriaco.
Per me bambino gli eroi si chiamavano Moishe Dayan e Golda Meir, una nonna inflessibile come mia nonna Giulia.
Allora, alla fine del liceo, ci fu il ritorno di Khomeini a Teheran.
Nei tempi turbinosi che seguirono, il capo degli studenti islamici pose le basi per la carriera che lo avrebbe portato ai vertici dello Stato, mentre un altro amico nella ambasciata americana assediata poneva le basi per la sua meno appariscente carriera tra i giocatori di ombre.

In quegli anni, colsi il virare dal terzomondismo marxista al terzomondismo islamista.
Vi fu Reagan. Molto più di un ex attore, un grande ruolo nel sindacato attori di Hollywood (ruolo economico e comunicativo immenso della industria cinematografica statunitense), due governatorati della California prima della presidenza .
Crollò l’URSS. Come sempre gli imperi si disgregano nel disordine, fu il ruolo consortile di due grandi (Reagan e Woitila) a impedire il peggio.
Il terzomondismo restò orfano.
Ma la rabbia degli oppressi (a volte dagli stessi capi da loro scelti) rimase un fuoco latente.
Di cui gli inventori degli scacchi si impadronirono sapientemente.

Chi agisce in nome di un Dio completamente ultraterreno ha una funzione che non tiene conto della umanità se non come mezzo.
Anche se il compianto Presidente Cossiga era affascinato dalla componente quasi teologica del Marxismo (lo ribadiva il figlio in una recente intervista), la differenza è incolmabile.
Soprattutto nella componente sciita (mi affascina il testo di Herny Corbin), dicono amici di quelle regioni quanto sia intransigente e disposta al sacrificio.
Male per gli aspiranti rivoltosi.
Mi fanno rimpiangere gli anni della guerra civile in Etiopia, del Frelimo, dei coraggiosi soldati cubani in Africa e delle imprese forsennate dei mercenari di Bob Denard.

Ho già segnalato il doloroso e complesso “Ritorno ai Patriarchi” di Arnold Zweig, visitai la DDR nel 1982 e non ne trassi una opinione solo negativa. Lo confesso.
Anche se ne sapevo l’oppressione dai racconti della mia prozia Inge.
Sono di parte.
Mio padre, liberale di sinistra, amico in gioventù di Marco Pannella e oppositore interno di Malagodi - cui era invece vicino mio nonno Emilio e il cugino Vittorio, mi aveva formato amico di Israele e del sionismo laico (allora non è esistevano altri).

C’era poca ombra quando al sole della Provenza l’amico - anche lui non dimenticato - TM mi disse dell’errore compiuto nell’ incentivare Hamas come contraltare dell’OLP. Ne aveva parlato, mi disse, con il suo amico personale e allora primo ministro.

Insomma, dopo tanti minuetti: smetttiamo la dottrina Delenda Carthago, patteggiamo con i resti della Unione Sovietica, lasciamo qualche zona di influenza e riconvertiamo al marxismo (a ciò che ne resta) i rappresentanti del terzomondismo.

Se deve essere uno Stato Palestinese (che non può essere del gruppo di Mahmoud Abbas invisi ai suoi stessi), meglio Marwan Bargouti - avversario, di Hamas - nemico.
Ed evitiamo di pretendere di decidere per le ex-colonie, ridimensioniamo la Francia.
Se esiste ancora una filosofia del pragmatismo, guardiamo gli errori e non permettiamo si reiterino.
Altrimenti l’uranio nigerino finirà a Teheran.


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